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Mare di Pianura

Viaggio nostalgico tra terra e memoria.

“Mare di pianura”: viaggio fotografico tra l’azzurro del cielo e l’umore della terra, un tempo ricoperta da boschi secolari e da acque paludose; tra castelli dimenticati e ville nobiliari, tra chiesette di campagna e cascine abbandonate, alla riscoperta degli echi di un'epoca in cui il binomio uomo-natura era indissolubile: “Mare di pianura”: omaggio alla terra delle nostre madri e dei nostri padri; invito a varcare la soglia del passato per riscoprire la nostra terra, la pianura, luogo in cui natura e storia, superando il tempo, si raccontano attraverso

immagini che sono finestre aperte sulla terra padana non solo dei tempi andati, ma di ogni

tempo, fatta quindi di memoria nostalgica, ma anche di operoso impegno.

L’acqua e la fauna

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La pianura padana è un mare invisibile, scolpito dall’acqua e abitato dal silenzio.

In questo capitolo seguo il corso liquido che attraversa e nutre la terra. I canali, i fossi e i fontanili non sono solo opere idrauliche: sono arterie vitali, vene antiche che regolano i ritmi del paesaggio.

Attorno a queste acque, si muove la vita. Gli aironi sorvolano i campi come custodi eleganti. Le anatre scivolano lente tra le rogge. Un fruscio d’ali, una traccia nel fango, un movimento appena percepibile raccontano una fauna discreta ma presente.

Lì dove l’uomo ha imparato a convivere con l’acqua, anche gli animali trovano uno spazio. Un equilibrio fragile, fatto di silenzi condivisi.

Osservare questi luoghi è come ascoltare un battito lento, una vita che scorre in superficie e nel profondo.

I Giganti della Pianura

Castelli solitari e case nobiliari si ergono maestosi nella vasta pianura, circondati dall’immobilità dei campi arati e tagliati da canali.

Una volta erano centri pulsanti, testimoni di banchetti e battaglie, luoghi dove echeggiavano armature e risate, giardini abitati da dame e cavalli. Oggi giacciono silenziosi, avvolti dalla nebbia e dalla dimenticanza.

Le loro mura, segnate dal tempo, raccontano una storia che si perde tra le pieghe della terra e dei secoli. Il vento attraversa i corridoi deserti, le torri guardano lontano, ma non aspettano più nessuno.

Intorno, la monotonia dell’agricoltura moderna: distese regolari, macchine, plastica, silenzio.

Eppure, questi giganti della pianura restano. Resistono. Come se custodissero, con discrezione, la memoria di ciò che eravamo.
Il loro declino è un poema muto, che contrappone la bellezza della rovina al rumore vuoto della produttività.

Sguardi Perduti

La Pianura Padana è un archivio vivente di storie dimenticate.
Tra le sue braccia si nascondono luoghi di rara bellezza, spesso ignorati da chi li attraversa ogni giorno.

Vecchie case coloniche, con i tetti sfidati dal tempo e le facciate scrostate, raccontano vite dure, semplici, autentiche. Gli alberi solitari che si alzano nei campi sono totem silenziosi, segni di confini scomparsi, custodi di leggende orali.

E poi ci sono loro: i piccoli santuari, le cappelle votive, le stazioni di preghiera sparse nella nebbia o ai bordi di una strada sterrata. Sono tracce di fede, di speranza, di pietas popolare.

In questi luoghi il tempo sembra sospeso. È qui che il passato pulsa ancora, invisibile ma presente.

Abbiamo il dovere di riscoprire questi “sguardi perduti”, di integrarli nel nostro sguardo contemporaneo. Solo così possiamo capire chi siamo oggi e dove vogliamo andare.

Perché un paesaggio che perde memoria, perde anche se stesso.

I Custodi della Terra

Nella Pianura Padana, cuore antico e fertile del nostro territorio, l’agricoltura non è solo economia: è cultura, memoria, resistenza. Per secoli, questa terra ha visto susseguirsi stagioni, raccolti, gesti tramandati con la precisione di un rito. Eppure, non tutto il passato ha rispettato la terra: l’agricoltura intensiva ha consumato, prosciugato, a volte ferito. Oggi, più che mai, siamo chiamati a cambiare. Serve una nuova alleanza con il suolo, con chi lo lavora, con chi lo abita. Gli agricoltori non sono semplici produttori: sono i custodi di un equilibrio fragile, di una tradizione che ci lega alla storia e al futuro insieme. Il loro sapere, radicato come le piante che coltivano, è una risorsa inestimabile in un tempo che chiede consapevolezza e rispetto. Ma anche il consumatore ha un ruolo: ogni nostra scelta alimentare è un atto politico, un gesto che può sostenere o abbattere un intero sistema. Se vogliamo un’agricoltura più giusta, più sostenibile, più umana, dobbiamo partecipare. L’agricoltura non è solo cibo: è paesaggio, salute del suolo, biodiversità, vita delle comunità rurali. Un’agricoltura sostenibile non è un sogno ambientalista: è un’urgenza concreta. E può essere, se vogliamo, una promessa mantenuta. Per questo servono formazione, supporto, tecnologie accessibili e soprattutto ascolto. Solo così potremo ricucire il legame tra progresso e tradizione, tra consumo e responsabilità, tra uomo e terra. La pianura ci nutre. Ma siamo noi, ogni giorno, a decidere con le nostre scelte se meritiamo ancora questo dono.

Le ombre del progresso

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Un tempo culla di agricoltura e silenzi, oggi la Pianura Padana è attraversata da linee dritte, velocità, ciminiere e rumori continui. L’industrializzazione ha portato con sé promesse di benessere e sviluppo, ma anche ferite profonde, incise nel suolo e nell’aria. Autostrade che tagliano la terra come fendenti, stabilimenti che sputano fumo nella nebbia, campi un tempo fertili trasformati in distese di cemento. È cambiato il paesaggio, è cambiata la percezione del tempo. Le campagne si sono svuotate, mentre le periferie si sono moltiplicate. I fiumi, un tempo cristallini, oggi portano via i residui di ciò che consumiamo. Eppure, resta ancora qualcosa da salvare. Questo capitolo è una riflessione sull’equilibrio spezzato, ma anche un appello alla responsabilità. Proteggere ciò che rimane — un albero, un canale, un campo — è già un atto politico, un segno di cura. Non si tratta di tornare indietro, ma di scegliere con consapevolezza come andare avanti.

Tra progresso e distruzione, sta a noi immaginare un futuro dove la terra possa ancora respirare.

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